Rebranding o non Rebranding:
questo è il dilemma.
Negli ultimi post – se non li hai letti, male! – abbiamo parlato di logo design, brand guides (leggilo che è figo!) e di quanto sia importante avere una buona immagine coordinata a supporto di un logo ben costruito.
Oggi si parlerà di come aggiornare l’immagine aziendale, di quanto sia complesso farlo e cercheremo di capire se e come mettere mano ad una brand identity già affermata e ben consolidata.
Ohh ciao. Stavo dimenticando di salutarti, che sbadato! Benvenuto su Bambum oggi parliamo del perché fare un rebranding può essere rischioso.
Ma che roba è ‘sto rebranding?
“Il rebranding è un processo per cui un prodotto o un servizio sviluppato e distribuito con un nome, un marchio o sotto il nome di una ditta, viene reimmesso nel mercato sotto un altro nome o una diversa identità.” Questo è la definizione che si può trovare su Wikipedia e per il momento, possiamo farci bastare questa.
L’operazione di rebranding può interessare un’azienda, un suo prodotto, un suo servizio fino ad andare a stravolgere l’intera strategia di marketing e per questi motivi può avere una portata parziale o totale.
Nel caso di un rebranding totale si può verificare la modifica del logo e dell’immagine coordinata, si possono apportare cambiamenti nell’arredamento degli store, si può stravolgere il modo di comunicare sia online che offline modificando il tono o introducendo un nuovo gergo rivolto ad un target piuttosto che a un altro, si possono stravolgere le linee guida che hanno sempre caratterizzato gli spot pubblicitari.
Lo faccio o non lo faccio?
In ogni caso, per ogni attività di rebranding, è necessario trovare una motivazione per cui questo rebranding abbia senso di essere fatto, è necessario porsi degli obiettivi ed è molto importante fare un’analisi approfondita e accurata della vecchia brand identity, capire cosa non funziona e trovare un modo efficace per risolverlo.
Ma non perdiamoci in chiacchiere e affrontiamo il problema:
Quando serve fare rebranding?
Udite, udite: non c’è una regola.
Le motivazioni che possono spingere un’azienda a fare un rebranding possono essere le più svariate, esattamente come il bisogno di cambiamento che può scaturire da un fattore piuttosto che da un altro.
Ad esempio in un’azienda storica, con oltre cinquant’anni di attività e con un’espansione a livello nazionale si può fare un rebranding completo o parziale perché nel corso degli anni si è registrato un calo delle vendite. Tutto dipende da quale direzione si vuole prendere.
Esempione di Rebranding!
Pensiamo a Tassoni, nata nel 1793. Da quando è stato introdotto il concetto di logo, Tassoni ne ha assunto uno e non lo ha mai cambiato. Così come i claim che sono sempre gli stessi “Per voi e per gli amici, Tassoni.” “Da soli, in famiglia o con gli amici” “Tassoni la bevanda già pronta nella sua dose ideale”.
Cedral Tassoni, non ha mai fatto un rebranding totale della sua immagine si è limitata a stare al passo coi tempi senza strafare e senza commettere errori.
SBAM! Guarda qui che cambiamento!
È vero, Tassoni non ha mai modificato il logo, né i colori istituzionali, probabilmente non mette mano al sito internet da una quantità di tempo spropositata, ma se prestiamo attenzione, ha mantenuto la sua immagine aziendale sempre coerente negli anni – zero stravolgimenti – l’unica cosa che ha fatto è stata restare al passo con i tempi.
Ha un sito internet, funziona perfettamente da Mobile (è responsive), ha richiesto una certificazione https…
Nulla di visibile a occhio nudo sia chiaro, ma comunque è indice di cambiamento, anzi, di adattamento.
Esattamente come si è adattata ai nuovi standard per il suo sito internet nei tempi giusti, ugualmente si è adattata alla nuova era della comunicazione digitale aprendo una pagina Facebook nel 2011.
Ebbene si, Tassoni, azienda leader delle cedrate e attiva dal 1793 (sul sito c’è scritto così, su Facebook invece 1884 ), ha una pagina Facebook e come se non bastasse ha compiuto un ennesimo stravolgimento, non usa più Mina come testimonial delle sue pubblicità ma Pikachu.
Ecco come si è adeguata Tassoni, e cosa ne pensa del Rebranding: in 118 anni ha cambiato il modo di comunicare ma non ha cambiato tutto il resto; dal 1900 (primo manifesto che ho presentato) al 2018 (il post di pikachu risale al novembre 2018), cambiano i modi ma non la sostanza e l’azienda ancora funziona.
Siamo tutti Tassoni?
Noooo! Non siamo tutti tassoni, e non tutte le aziende possono permettersi il lusso di non cambiare mai, di non adeguarsi visivamente e stilisticamente ai nuovi canoni di bellezza ed eventualmente ai nuovi trends.
Pensiamo ad Euronics, M2O, Apple, Fiat…
Negozio di elettronica, stazione radiofonica, azienda di dispositivi multimediali o di automobili poco importa, se il modo attorno a te sta cambiando e vuoi avere una buona rilevanza nell’ambiente in cui sei inserito, è bene che resti aggiornato, informato e giovane.